ADAM HOOD (Bad Days Better)
 di Rino 'Pili' Colangelo Iacovella



        

  

  Recensione del  19/12/2022


    

Adam Hood e quelle domeniche a New Braunfels e a Luckenbach, ricordi tra scenari che parlano, che raccontano anche nel silenzio, poi la sua voce, lo spettatore che riceve insufflando su quanto vede, emozioni e sensazioni derivanti da un vissuto e immaginario.
In tal senso, Bad Days Better, quinto disco, si accosta a quel magico periodo, essendo ancor pił recettivo, talmente spessa la sua impronta che vi lascerą da meditare sull’essenza della Texas Music.
Brent Cobb influenza il quinto disco, lo produce insieme ai Blackberry Smoke, i loro segni ci sono tra Americana/rock e alt.country, seguono Adam Hood in un percorso di vita che non ha scelto per caso.
Bad Days Better ha quei sapori avvolgenti del Sud Americano, vivono di odori forti e di luminositą agresti intense nella Title Track, su una linea di demarcazione con la fede, tra qui e lą, tra il fuori di chi osserva e il dentro di Business with Jesus.
Rock e introspezione, intuite e svelate da Throw Me a Line e Can't Stand Leavin' da una parte e alla splendida ballata Harder Stuff, s'intrecciano con il corso delle stagioni della vita.
La carica di Flesh and Blood e Livin' Don't Give a Damn stabiliscono il tempo del piacere, scandendo nel finale, con l’armonica in Low Road, i tempi del country, di come sia vitale la presenza, nella vita, dei sentimenti che si tira dietro.
Ama stazionarci Adam Hood, possiamo riconoscerli, condividerli, senza paura di perdersi nella malinconia di tempi andati.