HOTH BROTHERS BAND (Tell Me How You Feel)
 di Rino 'Pili' Colangelo Iacovella



     

  Recensione del  16/05/2021
    

Incertezze del quotidiano, domande lecite per la Hoth Brothers Band che torna a raccontare storie soffermandosi sull’American West.
Folk, americana e del blues, si parte dal New Mexico sia per raccontare di Judith, pittrice anziana che anche se ammalata preferisce starsene alla larga dalla città e familiari, che per usarlo come fondale della paradisiaca Cliff Fendler.
Aprono una lunga serie di ballate (17 brani) dalla forma scarna, quasi spoglia, come fotografie in bianco e nero del passato che penetrano sotto la pelle.
Il microfono si sposta tra Boris McCutcheon e Bard Edrington V con Sarah Ferrell ai cori, tra passaggi ‘roots’ energici e intensi, Volendam, la biblica Pappy's Last Ride, alla foresta di HoneyGuide con il folgorante passaggio nel San Juan River di Slickhorn e al fiume si resta per il tratteggio di Sam Hill.
Lo sguardo profondo di Tell Me How You Feel si apre ad un rapporto con lo spazio rurale che aspira alla libertà perchè non si finisce col cozzare contro il solito muro, quello dell'inautenticità dei rapporti umani, quello del tradimento di fondo che la gente compie nei confronti di se stessa e dei propri desideri: al soggiacere della vita e ai ruoli da essa imposti, ci si ribella ad essa marcando i passaggi in Tell Me How You Feel.
Umorale e accogliente Cherry Pits, alla dolcezza di piccole gemme come Trouble and Desire, Poor Man's Light e Passage, chiudendo sempre nel New Mexico di Rough Ragged Edge, tutte imbevute di una sorta di realismo magico, come nei film di Jacques Tati, dove tra il silenzio, si apre una strada in salita, un albero, un prato, cielo con nuvole.
La rivedo la macchina di Hulot che non ce la fa, butta fumo, annaspa, si ferma in una leggerezza che arriva all'incanto.
Dalla macchina ferma sulla salita non è sceso nessuno.
Hulot sa ascoltare e apprezzerebbe l’alternativa al silenzio di Tell Me How You Feel.