Bruce Springsteen torna al passato.
Lo ritrova, aiuta a tirar su un immagine appannata dagli ultimi dischi.
Le chitarre danno avvisaglie in
Letter to You, piccoli sommovimenti del cuore ‘springsteeniano’ iniziano a risuonare di tonalità che, se non proprio inedite, lo conducono a quando il rock e la E Street Band viaggiavano come un ‘Treno’, tema di fondo di Letter to You.
Splendido l’uno-due di
Burnin' Train e
Janey Needs A Shooter, da sole valgono il disco.
La chitarra elettrica combatte al fianco del cavaliere Springsteen, lo protegge, comprende la sua missione, a volte persino la suggerisce con nuove varianti, si torna a rispolverare un vecchio romanticismo forte ed espressivo nella storia di una ragazza piena di spasimanti che decolla insieme ad una E Street Band mai così in palla.
C'è una geometria riconoscibile, è possibile tracciare un ordine nel passato di Bruce Springsteen quando con una fiammante armonica carica essenzialmente sulla memoria (la mia, degli ascoltatori) e su come il rock venga a trasformarsi nel ricordo.
Vecchi amici in
Ghosts, tempi passati, brani ripescati dagli anni ’70 (in stato di grazia anche in
If I Was The Priest e
Song For Orphans) Bruce Springsteen tra un pizzico di politica in
Rainmaker, un Jake Clemons che fa la sua parte da controfigura del compianto zio in
The Power Of Prayer, e la lucida conclusione di
I'll See You In My Dreams (altro che retorica..).
Aiutano a far capire che
Letter to You merita di stare accanto ai migliori dischi di Bruce Springsteen (di lato, certo, ma sullo stesso piano).