
Non demorde, 
Steve Forbert. In un mondo dove quelli come lui, 
Elliott Murphy, Dirk Hamilton o James Talley sono guardati come esemplari di una rara specie in via d'estinzione, insiste nel proporsi con un atteggiamento umile, semplicissimo e scarnificato di qualsivoglia orpello. Camicia con le maniche arrotolate, chitarra a tracolla, armonica a bocca: più o meno tutto quello che aveva quando è arrivato a New York partendo dal Mississippi, dove per sbarcare il giovanile lunario aveva fatto anche il camionista. 
Le analogie con 
Elvis si limitano ai southern accents e alle precedenti esperienze professionali, nonché al mito del ragazzo di provincia che arriva in città in cerca di fortuna: per Steve Forbert c'è stato soltanto un momento di fortuna (durato meno di una canzone) e poi una lunga serie di tentativi di farsi notare. Stanco di cambiare produttori, etichette, band e quant'altro sembra che Steve Forbert abbia definitivamente trovato la sua dimensione nella versione del folksinger, senza troppa gente attorno ed esattamente come aveva cominciato più di vent'anni fa. 
A sollecitare queste ipotesi arriva, non troppo distante dal precedente 
Be Here Now, Be Here Again Live Solo 1998, che ne ripete la formula: disco dal vivo acustico con Steve Forbert che spazia nel suo repertorio e non. Entrambi (per i dettagli di 
Be Here Now tornare al Buscadero 189) sembrano istantantanee del suo peregrinare dal un posto all'altro, anche se, a dire il vero, 
Be Here Again Live Solo 1998 documenta una performance più calda e ispirata di quella registrata nel primo capitolo della storia. 
Si comincia con 
What Kinda Guy? che è anche il titolo di una bella antologia uscita qualche tempo fa per la Legacy e un rock'n'roll sufficientemente grintoso per dimostrare che Steve Forbert non ha perso l'entusiasmo e l'energia che lo hanno sempre distinto. In versione elettrica lo si può ascoltare in 
Here's Your Pizza, ma anche in 
Rocking Horse Head e comunque anche acustico è sempre un piacere. In poco più di un'ora scivolano via tutti i suoi classici (da 
Romeo's Tune a 
Goin' Down To Laurel fino a 
Complications, che suona sempre troppo autobiografica) più qualche frammento di cover: un pezzo di 
Jamaica Farewell, uno di 
Sea Of Love, un altro di 
Stardust e poco meno di un minuto di 
Good Night Irene. 
Steve Forbert c'è ancora: godetevelo adesso, prima che lo mettano in un museo di Graceland o in una galleria del Village.