Slow Cooker percorre sentieri folk, roots e rock,
Someone's in the Driveway ne evidenzia subito quella giusta dialettica tra terra, luoghi e chitarre, è ricorrente, è come un luogo che porta a casa.
Il front-man dei mitici
Say ZuZu (sempre nel cuore, restano), è al terzo disco da solista, ogni decina d’anni ne incide uno.
I percorsi di
On My Own e Frozen Man, ne mettono in luce la personalità, sono una delle numerose, possibili, vie che Slow Cooker può prendere, non l’unica né necessariamente la migliore, ma le chitarre (pedal steel compresa) sono come doni preziosi (
Echos of Borderline).
Hidden Glances e A Bird That Sings occupano spazi piacevoli, li riempie di bagliori elettrici seguendo una melodia che il più delle volte, con movimenti da ottovolante, ha continui e sensati su e giù,
Mad at Me a Dust, Sweat & Blood, e il calore ti avvolge.
Il gallo canta, il respiro di un cane e l’acustica
Goodbye for Now a chiudere.
Slow Cooker non può che finire tra i dischi da prendere sul serio.