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Recensione del 04/06/2024
 Sa come disegnare melodie nel blues/rock, con la chitarra tra le mani, Alastair Greene. Quello che rende fruttuoso il lavoro in Standing Out Loud, è la geometrizzazione degli spazi, e il bello è che non costruisce solo invidiabili cavità (You Can't Fool Me a Slow Burn), il come lo descriva acquista senso brano dopo brano, amplificando le sensazioni che ne scaturiscono (Only Do a In Trouble). Rende la materia del blues e del rock opaca, densa, soggetta a violente variazioni (Am I To Blame? all'adorabile accoppiata Temptation/ Bullfrog Blues). Ma anche quando il ritmo decelera, l'ascoltatore non fatica a mantenere un’attenzione continua (The Last To Cry alla jam chitarristica della ballata Rusty Dagger). Allontanarsi, senza paura, sapendo di essere inghiottiti dal blues/rock.
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