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Recensione del 21/09/2023
 Le linee del Blues, Eric Johanson ne ha una percezione aperta, te ne accorgi quando ti confronti con una realtà piena di simboli che vengono dal basso, dalla terra, e spingono in alto The Deep and the Dirty. Con Don't Hold Back è come salire su una terrazza e osservare il paesaggio circostante. Lì, il mondo del blues/rock appare, e l’ascolatore si sente nel mondo di The Deep and the Dirty. Lo produce Jesse Dayton, innovatore musicista texano che con il Sud Americano ha un rapporto particolare, dalla Title track a Beyond The Sky, Eric Johanson sa cogliere il dettaglio e aspettare con fiducia che la realtà del blues si riveli. Undertow a Just Like New, sono in grado di delineare orizzonti melodici differenti senza precludere la visuale della parte strumentale, si lega in continuazione al cono d’ombra degli album precedenti ed è un vantaggio per i cambi di ritmo di Elysian Fields e Galaxy Girl. Le punte nel delta blues si accavallano in Familiar Sound lasciando alla chitarra Variabili indipendenti simili a frammenti scomposti in Stepping Stone, sovrapposti, disarticolati in Borrowed Time, frutto di angolazioni sulle corde mai fisse e durature. La gemma finale She Is The Song si spinge oltre, aiuta a scavalcare le mappe mentali di ascoltatori più o meno consapevoli che tracciare dinamiche coordinate nel blues non è da tutti. Eric Johanson è uno di quelli che riesce a farlo.
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