
Ci voleva 
Shooter Jennings per riportare a galla gli 
HellBound Glory. 
Produce l’outlaw country band del vocalist e songwriter Leroy Virgil tra honky tonk e schitarrate dal vero sapore agreste, mostra traiettorie di 
Pinball alquanto accattivanti, tra storie alcoliche, donne con gli attributi e scenari tipici da film avventurosi, piazza nel bell’avvio di 
Merica (The Good Ole U.S.A.) la quintessenza degli HellBound Glory fatta di divertenti e irreverenti scenari, e partono proprio dalla stessa cover di Pinball.
Country deliziosi come 
That's Just What I Am e 
Six Strings Away, bastano per immaginare la contemplativa e poetica stasi di un paesaggio bucolico e dei volti che lo animano, a rinforzarla c’è 
Sun Valley Blues #3 (Bloodweiser) che si avviluppa su se stessa con un bel giro alle corde della chitarra e la frenetica Pinball.
Ballatone di effetto sono 
Empty Bottles e soprattutto la nostalgica 
Delta Dawn, belle come un pendio erboso di terre sfuggite all'urbanizzazione, tutti luoghi sotto lo stesso cielo di Pinball che diventa plumbeo col rock lento e stridente di 
Hellbound Blues, dove si addensano parole che sono come nuvole minacciose, e le chitarre sanno ancora come vibrare in 
Another Bender Might Break Me e nella conclusiva 
Blue Yodel Number 5 (California Blues).
Come l’acqua, col suo scorrere costante e impassibile, che tiene la memoria di quello che è successo in Pinball.