
L’altopiano d’Ozark nel Missouri è il baricentro di 
Rick Gibson, lì è nato, lì ha preso vita anche la musica, da 
Ozark Anthology (album del 2014) alle storie della gente che vivono le Ozarks di 
Junkyard Son, entrambi conditi sapientemente con un arcigno blues rock.
Rick Gibson scansa le trappole del facile e compassionevole sentimentalismo grazie a una pudica, severa sobrietà, apre 
Cabin Fever, uno sguardo cupo, che non lascia spazio all'ottimismo, ed è al contempo coerentemente vincolato a una raggiante sezione ritmica e a intriganti sporcature dell’armonica, 6 minuti replicati in 
Curtis Lee con i giusti spazi alla chitarra, complici attivi anche nello spazio di 
Dark Cloud Hangin e la solida 
Crossroad Blues.
Rick Gibson Band, un quartetto che prova a scandagliare l'imprevedibile terreno del reale, tentando la scoperta di un'invisibile falda di significato nella ballata acustica tra l’intro strumentale di 
Journey Down Pippin Road a 
Junkyard Son, fiutando una sorgente inaspettata di senso con 
Sweet Tea And Chocolate Gravy.
Senza dissipare o disperdere il fluido magico, perché c'è un talento che si agita dietro l’aria che incupisce 
New Madrid Line, 
Run Rubi Run, la cattiva 
Whatcha Gonna Do e 
Shadow Of The Mountain, con qualche bluesy tradizionale (
Osceola Cheese) e picchi nel delta blues (
Two Dollar Shine).
Junkyard Son non ri-scrive il blues, ma l’ascoltatore, certamente, si allinea volentieri alle Ozark Mountains.