
Tanti nomi per 
Tim White e tanti stili diversi, come percorrere una galleria in bianco e nero che progressivamente si arricchisce di colore  e nel classico folk/blues sembra aver trovato il modo corretto di mettere in contatto cose che prima non si toccavano, creando la magia di incontri inattesi.
Solitaire Man Blues come chiarisce l’incipit di 
New Blues News Intro, è docile e riposante ma anche cupo e burrascoso, 
Brutha White setaccia il blues tra eccessi cromatici (da 
Chasing Jane, 
My Ole Lady a una 
Po Folks dove la chitarra stride tra campionature percussive che non dispiacciono) da smorzare coi toni lividi della malinconia in 
My House e l’armonica di 
Young Man Blues e 
Simplify That, dove il Solitaire Man Blues si illumina, cambia luce, si sgrana, si fa più leggero e trasparente nella convincente ballata di 
Song to Myself.
Fortunati tasselli di un disco interessante, di rilancio, il blues graffiante di 
Solitaire Man piace, come le parentesi acustiche di 
Runnin' e 
Growin Pains per nulla da sottovalutare, fatte di emozioni e squarci narrativi nella conclusiva 
On My Own offerti alla libera interpretazione dell’ascoltatore.
In poche mosse Brutha White riesce a scartare un immaginario sul Blues per attivarne un altro. 
La stoffa c’è ed è di qualità.