ERIC GALES (Good For Sumthin')
 di Rino 'Pili' Colangelo Iacovella



             

  

  Recensione del  23/01/2015


    

‘Guitar riffs’ indelebili, una sorta di imprinting a regolare la sensibilità di Good for Sumthin’, si appropriano di uno spazio intorno ad un coriaceo blues-rock e definiscono, dentro quello spazio, Eric Gales, il chitarrista di Memphis che alle soglie del quarantesimo compleanno continua a seguire il suo percorso, rettilineo, salvo qualche fermata all’Experience Hendrix Tour, a celebrare la musica di Jimi Hendrix (lo scorso Ottobre in quel di Austin, mi sono reso conto di come Gales & Friends conoscano il segreto di creare uno spettacolo bellissimo da 'dischi ammuffiti di repertorio').
Good for Sumthin’ si apre su un corridoio angusto e buio dove coesistono diverse soggettività (bluesy, psychedelia, funky e rock), esse tendono comunque ad armonizzarsi (“I play the blues, but I also jump borders and boundaries”, spiega Gales. “Every track on the new album is like that, too. It jumps around, but at the same time, it also fits into one package, which is the way that I play the guitar. I’m not the kind of artist that wants to be boxed in by one style or one genre of music. That would be a terrible feeling.”)
Come A Long Way intacca il proprio testo con il corpo della chitarra, corpo che inizia a sedurre ma è un corpo sfuggente, non lo si può davvero ingabbiare in 1019, confluendo in una verità facile da comprendere in Going Back To Memphis, il ‘piano-sequenza’ è sulla chitarra e si dilata fino a occupare tutta la durata di Good for Sumthin’.
Le dita dalle corde non staccano mai, il blues fluisce senza soluzione di continuità, ancorato in unità di tempo diverse, ingolosiscono Good For Something e Six Deep, Eric Gales alterna una luce melodica limpida in You Give Me Life e Tonight, alle ruvide ombre di lunghi assoli che celano allo sguardo di Heavens Gate ampie porzioni della scena, avviluppando realtà e corpi, su entrambi gli impasti luminosi dell’acustica Show Me How.
Un finale vibrante di un sensibile tremore, Eric Gales fiuta lo spazio circostante al blues, lo sonda, lo tasta e piazza una suntuosa rilettura degli ‘Stones di Miss You e un’indovinata serie di duetti, prima con Zakk Wylde (Ozzy Osbourne, Black Label Society) in Steep Climb e poi con Eric Johnson nella strumentale E2 (Note to Note), roboante entusiasmo a diluire il potenziale di Good for Sumthin’.