
Un viaggio alla scoperta del Mississippi iniziato con un amico musicista africano (con il quale ha trascorso un anno in Mali) e al ritorno tutto è cambiato: Slide guitar, cigar box, banjo, armonica insieme a 3 diversi batteristi nel cuore del Mississippi per registrare 
Head for the Hills. Markus James ama le percussioni e ama il blues, si è ritrovato a suonare sul portico della casa di uno di loro, a Luxahoma, insieme alla cigar box c’era il banjo, il paesaggio rurale ad affiancare il Mississippi. 
Un'impronta cromatica plumbea, incombente nell’iniziale 
Just Say Yes, e un senso di pesante, ricorrente minaccia tra le corde della chitarra di 
Shake, spinta dall’armonica converge in 
Head for the Hills sulla plongee delle acque del Mississippi. 
Un po’ come riprendere i motivi simbolici dell'Acheronte, dell'isola dei morti e del fiume mistico, rovesciandone la solennità in 
Goin' Down South, tra sprazzi acustici che ammaliano in 
Head For The Hills. 
Markus James si muove su strade deserte, da attraversare in fretta tanto in 
Candyland Refugee e l’indiavolata 
Woke Me, e sembrano affacciarsi davanti a 
Suit Of Golden con il mondo che pare stringersi come una morsa attorno ai pochi che vi si avventurano. 
Dove si trova il tempo per una serie di suggestive strumentali all’aria aperta (
Green, 
For Blind Willie, 
Diddley Bow And Buckets, 
Sleepyhead e 
On A Mississippi Porch), come solcare il Canto VII dell’inferno, dove gli accidiosi impantanati nel limo, condannati per l’eternità a una collosa quasi-immobilità fìsica, sembrano fare da sfondo in 
Gone Like Tomorrow, 
Nomo, 
Head For The Hills e 
Fallin' From The Sky. Non c’è modo di muoversi nei vortici del delta Mississippi.