
Come nell’immagine che un fiume dà a chi lo osserva, un flusso costante e obbligato, delimitato da due argini (il rock e la provincia) a costituire la demarcazione e la riconoscibilità di 
Pontchartrain Wrecks, regolare eppure continuamente sottoposto alla forza interna delle steel guitars del vocalist Miles Cabeceiras e di Steve Spitz. Le producono in ogni brano e come ogni singola onda, in mille varianti, con l’invitante armonica nell’apripista di 
Slow Train, visibili e lampanti in 
Anyway, 
Anyhow, i Pontchartrain Wrecks descrivono visioni ed esperienze nel Sud della Louisiana. 
Le incorniciano frontalmente in una parentesi rurale e alcolica in 
The Fool In Me, un ambiente atemporale, per niente neutro o astratto, dove si attacca ancora l’armonica a spingere 
It Ain't So Bad a sottolineare senza enfasi il potenziale romantico insito nella deliziosa 
Feelin' Lucky e quasi lo rovesciano. 
Non impongono ma espongono i sentimenti, il punto di vista, le scelte valoriali, le emozioni 
‘of life on the bayou’ nelle convincenti ballate elettriche di 
Old Man River, 
Girl Gone Blue, 
Blake's Song e la conclusiva 
Fleur De Lis. Pontchartrain Wrecks resta sospeso nel tempo dell’armonica e nella dilatazione di un rock di provincia, non ci sono duelli tra pistoleri del vecchio West nella brillante 
Even A Cowboy Sings The Blues ma il valore metaforico dello conquista dello spazio, elemento fondante nella mitologia americana e dei Pontchartrain Wrecks.