
Una sorta di 
Bottle Rockets tedeschi, il quartetto da Berlino del cantante e songwriter Christopher “Earl” Hudson dopo 3 dischi con una struttura musicale fatta di temi che ritornano tra gli anni ’60 e ’70, aumenta il voltaggio dei 
Modern Earl e con 
Hot Damn lascia maggior aria alle variazioni e gli assoli alle chitarre elettriche. 
Tra le pimpanti 
Hot Damn e 
Rules Of The Bar acquistano sempre un senso diverso e opposto, rendendo il loro ‘parlare’ continuamente doppio, tra la chimica della strada e problemi di cuore lasciati marinare nel whiskey, in Hot Damn regna un senso di inquieta leggerezza sudista tra il banjo di 
Catfish And Titties e l’armonica di 
Backwoods Betty, di candore texano in 
Hell Or High Water, di malinconia fragile, nervosa ed alcolica in 
Cannon Fodder e l’effervescente jam session finale di 
Whiskey On The Table. 
Quello che funziona nei Modern Earl è la freschezza di un approccio che tampona l’esilità di una vana ricerca di originalità, anzi si fa forza di tale mancanza per ammantare Hot Damn di leggerezza, presa per mano ancora dal banjo nella saltellante 
That Girl Can Drink, con le parentesi bucoliche acustiche di 
Mama's Wise prima di chiudere con la spensieratezza e libertà assoluta di 
Hillbilly Band. A confermare la presenza di un vitalismo irrinunciabile in cui pare evidenziarsi la nuova gioventù dei Modern Earl.