
Registrato tra la fine del 2011 e il 2012 durante un tour nel New Jersey, in un santuario dalla forma particolare (di proprietà di 
Jon Bon Jovi) convertito in studio di registrazione che poi ha dato il titolo all’album, 
Southside Johnny prova a cambiare e sceglie un itinerario diverso per 
Songs from the Barn. Si affida ai 
The Poor Fools per cercare un nuovo significato alla matrice del country/folk/blues, 
Songs from the Barn diventa un piccolo palcoscenico dove in platea troviamo pedal steel, armonica e interessanti incursioni al confine tra Messico e il Sud degli States, utili a raccontare e celebrare la musica, come viaggio di vita, perché porta con sé tanti spunti di riflessione. 
Con 
Soon I Will Be Gone e quelle perle di 
Mexicali Waltz e 
Old Kentucky Home, Southside sospinge l’ascoltatore in un’altra dimensione acustica quasi liberatoria, ballate piano, fisarmonica, mandolino e violino con lo sguardo al Messico, colme di dolcezza in 
Beneath Still Waters e 
Winter in Yellowknife, in attesa dell’armonica. 
Entra prepotentemente in scena in 
Can't Let Go di 
Lucinda Williams e porta con sé una sana malinconia da poggiare sulla splendida 
Gone Underground, 
Southside Johnny costruisce una casa tra i campi, una costruzione curiosa, tra l’antico e il moderno, 6 brani (nuovi di zecca e successi con i 
Jukes, dall’altra cover di lusso -oltre a Lucinda, c’è anche 
Randy Newman e  
Bob Dylan) una casa poco ordinata, perché c’è sempre il blues e il soul che girano nervosi sul portico. 
Se non è la frontiera attraverso la quale 
Southside Johnny e i 
The Poor Fools comunicano fra loro, è un modo veloce per scambiarsi di posto, ascoltare 
Down Home Girl - Something You Got, la solarità di 
So Good contro la sinistra e distorta 
Blood from a Stone e 
I Can Tell, senza dimenticare la versione dylaniana di 
Just Like Tom Thumb's Blues. Una bella prova ‘d’attori’, con un ‘regista’ sobrio ed efficace, come testimonia l’intuizione di 
Southside Johnny di immergere 
Songs from the Barn nella provincia rurale Americana.