
Nuova Zelanda, il trio degli 
Heart Attack Alley ama il blues, quell’ossessivo del Delta Mississippi e dell’armonica che entra, si posiziona e sperimenta il flusso sensoriale del debutto di 
Living In Hell. Ha un pezzo di Italia, luogo scelto per registrarlo ma il tentativo di spostare il baricentro pop-commerciale del 
Bel paese è durato poco, difficile scolvolgere la geografia social-musicale nostrana, il contratto lo hanno trovato al di là delle Alpi, in Svizzera, dove l’opzione Blues esiste, ed è pienamente operativa. 
“
They are the only authentic blues stomp band in our country,” dice convinta Caoimbe Macfehin, la vocalist, ma l’anima degli 
Heart Attack Alley è l’armonica, incessante, tumultuosa, di 
Dr. Karl Steven. La modula efficacemente sin dall’avvio di 
Too Hot Blues e 
Cryin', ci gioca, la gira e la rigira tra 
Trouble e la strumentale 
New Instrumental finendo per cavarne fuori l’impensabile. 
Una scelta decisiva per 
Living In Hell, vincente, come la flessibilità delle liriche intorno a sfumature d’amor luciferino, la sovrumana complessità degli intarsi timbrici e la varietà cromatica di questi affreschi sonori trovano accorati spazi melodici nelle brillanti 
My Beating Heart, 
I Am Trouble, 
Ain't It Funny e 
Living Hell (“
I like sad songs, and I like emotional songs, and so the blues and soul for me cuts straight to the heartache”). 
Il Mississippi, le sponde spirituali del Delta, si intravvedono appena, ma sono dappertutto, in 
Slave To Your Mojo e 
Spit It Out, come un acre odore permea di sé ogni canzone di 
Living In Hell dove c’è posto per le donne, portano i calzoni e gareggiano con gli uomini nell’appassionata 
Don't Waste My Time, a tratti torna in mente 
Jessy Sykes con in più quell’armonica, fedele fino alla fine, tra la dolcezza di 
Where You Been e l’altro brano strumentale 
Dream Walk. Sangue australiano e spirito del Mississippi, sentimento e piacere che diventano la via maestra per ‘
Living in Hell’.