
Nella piccola cittadina di Sonora, Tx, il giro ventennale sull’highway 
277 South per l’honky-tonker 
Trey Rushing è servito per forare le falde discontinue del country, quelle decantate e fatte maturare entro il contenitore cristallino della tradizione di George Strait e Hank Williams, messe in circolazione entro le strutture espositive della slide guitar, costruite secondo la logica musicale del rock, e infine, armonizzate con la simmetria drammaturgica e la rappresentazione spirituale del Signore. 
È tutto nelle chitarre di 
Trey Rushing, Tom Bob Wilson e Barefoot Mark Cullimore, in costante rotolamento a tracciare un solco divisorio in 
Lay Down & Die, più oscuramente intimo nella suggestiva e tenebrosa 
Title-track, in piena luce sull’aggregazione della realtà di una dancehall in 
In Here With the Past e 
Smells Me Drinking. 
L’aspetto emozionale del country di 
Trey Rushing & 277 South trova un dinamico equilibrio nell’incantevole 
One Night Things, nella scelta di conquistare spazio a una amarezza che pervade sempre più la forma della slide guitar, un corpo che si solidifica nella spumosa 
On the Run, attraversa i confini messicani nel duetto magico di 
Vente Baca e 
Contico Bay con un moto latino uniformemente accelerato, li oltrepassa senza danni con tinte tex-mex, e spensierato viaggia a tequila verso 
Seattle e con pregevoli risvolti. 
Lay Down & Die è capace solo di guardare su una superficie, per lo più angusta, dura e riflessiva come il vero country, immobilizzato all’interno di un orizzonte malinconico che continua a comandare in 
I Best Let You Go, sempre affacciato sul Texas, trovando in 
3 Ball le proprie radici nello spettro della circolarità dell’eterno ritorno, la spada di Damocle che spinge in alto 
Lay Down & Die, forgiata con l’assistenza sulfurea del demonio e con l’amore per il country.