 Low Down
Low Down non abita sul confine del Texas ma è il confine dei fratelli Jack e Will, ne incarna la desolata divaricazione tra roots e rock, finalmente calpestabile dalla 
The Mallett Brothers Band -seppur l’esordio omonimo del gruppo di Portland fosse stato interessante-, in 
Low Down lasciano fluire il movimento dell’alt.country ritrovandosi molto più a loro agio negli abiti dei cowboys. 
La testa e le storie rispecchiano un procedere per frammenti, per strappi in 
Broke n' Driftin, robusti nella 
Title-track e 
Dynamite Dot, ma i sussulti dolci del banjo, lap steel e del mandolino nelle deliziose disamine di 
Don't Need You, 
Think I'd Feel Fine, 
Wish You Well e 
Born Cryin' rischiarano i cupi presagi del cuore. 
L’amore non lo si trova di certo nella sconfinate e solitarie lande americane, lo sguardo è distorto come la slide guitar, meravigliosamente schierato ‘dalla parte del torto’ quando canta "
You're never gonna be happy, in this simple kind of life / Can't live on the low down / Wanna live in the city / Want to taste the dreams / Wanna live in a big house / Wanna live with means." 
Si sa, dietro una coppia che finalmente ha trovato l’amore ci sono sempre fratture, lacerazioni che minano il piacere e trasformano il desiderio in fuga, le 'Ragazze' alla fine tagliano la corda, i tempi son difficili specialmente in aperta campagna, ma 
Low Down vaga fiero tra i limiti del roots-rock, corposo in 
Benny e 
Good With the Better, con un alone simbolico elettro-acustico in 
Don't Let the Bastards Get You Down e 
All I Know, ai salti ammalianti nell’ispirata 
Paper Cut. Ma passano tutte oltre i punti dove la strada sterrata avrebbe il divieto d’accesso, e il limite la 
The Mallett Brothers Band lo oltrepassa per trovare riparo nella natura, spietata e bellissima.