
Passato e presente dove manca l’obbligatorietà dei percorsi, lo stile del singer-songwriter di Houston, 
Jonathan Ross, è asciutto e ben calibrato, lieve e malinconico, le melodie sono ricche, consistenti nel loro spessore dove una ricca strumentazione diventa un comodo accessorio per consolidare il disco d’esordio 
Hence the Blues. 
Il punto di partenza è il country, ma al tempo stesso limitato nell’orizzonte della brillante apertura di 
Heavy Load (Gone Gone Gone), l’armonica setaccia l’eterna provincia texana dove la Storia a volte si ferma, ma permette a 
Jonathan Ross di avere sempre nuove soluzioni che siano al tempo stesso esplicito sapore spensierato bucolico (
Up and At Em, 
Songbird Classic e 
Covenants are for Killjoys) e occasione per approfondimenti come nella storia di 
Suzanne Gold, splendida ballad addolorata e costruita intorno al banjo e violino. 
Un disco breve ma sgusciano fuori altre gemme introspettive di un certo dinamismo elettrico come in 
Hence the Blues (Lady Adelle) e nell’unica cover 
Coo-Coo, è bravo poi nel porre un’attenzione alla differenziazione melodica della steel in 
Pasadena Rose e nel rigore folk dell’armonica in 
22 Miles, sobria ma non estranea al descrittivismo e all’emotività come nella dolcezza campestre di 
Highway Mama. Alla fine rimane un fondale scuro, certo, ma anche un buon disco, 
Hence the Blues.