
In Alabama si scopre l’altra faccia di 
James Jackson Toth, invitato dal songwriter Duquette Johnston a seguire percorsi diversi da quelli soliti con i 
The Vanishing Voice, individua nella collaborazione con i 
Gum Creek Killers  un punto di svolta, da un grande labirinto senza fili d’Arianna, denso di frattaglie sonore piuttosto indigeste, trova i 
Briarwood Virgins e seppur difficilmente entreranno nel normale circuito commerciale-mainstream, 
Briarwood lascia andare una sorprendente sensibilità folk mischiata a calde atmosfere roots e rock. 
Lo seguiamo in un turbinio di chitarre instabili come i sentimenti (dall’iniziale 
Winter in Kentucky a 
Be My Friend, Mary Jo) pericolose -mai noiose- e maledette come nella ruvida 
Scorpion Glow, il ‘peso’ della provincia permette a 
Briarwood di galleggiare nel tempo malinconico della steel di 
The DNR Waltz  o del roots della splendida 
Wither Away, delle mine vaganti rotolanti che si imprimono nella pungente bellezza di 
Big Mouth USA  e nei 7 minuti di 
Motel Stationery, investono l’ascoltatore che è come ‘schiacciato’ dall’armonia delle variazioni di luce della slide, della forma e dal movimento delle melodie avvolgenti di brillanti ballads elettriche come 
Good Time Man  e 
Passin Thru'. 
Non resta che segnare e solcare con l’evidenziatore 
Wooden Wand perché gli infiniti e inutili ricami del passato di 
J.J. Toth  sembrano –per il momento- dei sbiaditi ricordi.