 Learning As I Go
Learning As I Go ha una malinconica, struggente elementarietà, le certezze nostalgiche di 
Dark Side of a Small Town e 
Soul Shine si ritrovano nelle pagine più tranquillizzanti (mancano le brillanti distorsioni degli esordi) ma il passo da folksinger e l’andamento troppo lento non nuoce al cantastorie di Paris, Texas (“
This is by far my best and the most fun album we have put out. Everything was done right here in Paris, from the recording at Tree House Records,” dice Michael. “
To the musicians and even the marketing and design. I got to record with the best band in the world, my friends.” 
Dieci anni sulla strada per rafforzare tempi, modi, luoghi possibilmente marginali, di frontiera, perchè le frontiere sono dentro i personaggi che popolano le storie di 
Michael Oneal e alternandole al rock riesce a infrangere la porosità di splendide ballads acustiche, addolcite da mandolino e violino, la 
title-track, 
Odee Cohaskell e la invidiabile semplicità di 
I Want to Go e nei 7 minuti di 
Ode to Jw. 
Michael Oneal usa la lente culturale per una corretta interpretazione della realtà (anche quella che non gli appartiene) servendosi degli ideali del rock come nella fiammante 
When I Was Younger per allinearlo al roots della provincia texana, continuando nell’azione di disturbo elettrica con le solide 
Privacy Fence e 
Homemade Love. 
Learning As I Go brucia anche nelle parentesi più coinvolgenti, di sottili fraseggi vivono 
The Prayer e la più agreste 
Same Train Different Track, ma 
Michael Oneal non rischia di raffreddare, inscatolare il talento in luoghi freddi a sentire 
I Love This Game, 
The Gamblers Lament e la conclusiva 
My Darling Mackee Jane (The Note). E alla fine si scopre di poter scrivere di 
Learning As I Go anche con l’inchiostro dell’emozione.