
Armonica, ironia e disincanto country sono l’arma a cui il songwriter di San Antonio ricorre per creare zone di indecibilità non certo per risolvere le contraddizioni dell’esistenza, ma unendovi le radici di provincia che sconfinano nel folk introspettivo, riesce a rendere l’esordio di 
Texas Forever stilisticamente compatto e ricco. 
Rotoliamo con 
Theron Pfeifer tra i violini e la slide della pimpante 
title-track e dell’alcolica leggerezza di 
StarBock Beer, e allo stesso tempo è capace di incollare alle ballate le ventose della lentezza elettro-acustica, comandata ancora dall’armonica in 
Bagaduce Blues, 
Dandelion e nella splendida 
Llano River o dal carezzevole mandolino in 
Ghost Gun e 
Chandelier. Riesce sempre a giocare sulla malinconia delle melodie, arrivano nelle soste della speranza e sui tempi spigliati del country texano in 
High Wind e nel simbolismo di 
Galveston Girl, unica fuga possibile a quella prescritta dalla legge di un grigio matrimonio. 
Ecco come 
Theron Pfeifer alimenta i 12 brani dell’esordio di 
Texas Forever, ne attraversa in modo convincente i pieni e i vuoti delle luci autoriali (convincente in 
Twisted Roots e col violino afflitto di 
Live Oak Tree e 
Johnny Guess), tracciando spazi conosciuti ed abitati da rodati storytellers texani, dove riesce a concentrare l’attenzione dell’ascoltatore e dove la carenza di interesse non riesce proprio ad entrare. 
Texas Forever.