
Chicago Blues classico dall’Olanda ma con suggestive inclinazioni swamp&delta a renderlo consumabile in queste serate invernali fredde e umide. 
Big Will & the Bluesmen hanno una decennale esperienza, liriche che setacciano la storia, dagli anni ’20, attraversando periodi bui, poveri, procedendo a passo d’armonica a soppesare le fatiche di una vita rurale, 
Hard Times con la flemmatica bellezza della title-track, dimostra come 
Big Will & The Bluesmen riescano a tenere saldi gli intrecci tra la Gibson e un blues viscerale affogato nel mississippi, e non certo da ‘cartolina’. 
Ben arrangiate e abitate dal vocione di Alex, 
Hard Times attraversa la storia dalle splendide 
Same Old Blues e 
Leave it All Behind, sottolineando e survoltando molti degli elementi della tradizione tra 
Waiting on a train, 
Seven Days, al gallinaccio che da la carica alla ruspante strumentale di 
Laura Song (l’altra, 
Big Will Theme, non è molto coinvolgente) il passaggio nel tempo fa mutare 
Hard Times, l’umanità immalinconita si interroga sulle colpe del mondo e ne mette a fuoco l’insipienza soprattutto verso l’oggetto desiderato di 
Sweet Lovin Woman e della deliziosa 
On my Way: occupa spazio, vuole delle risposte, e instaurare un legame implica la perdita della propria neutralità che (ri)acquista valore nella leggera e spensierata 
Drifting and Driving e nella perla finale di 
Release my Soul. 
È dura, oggi come ieri, ma le emergenze sono sicuramente di tipo diverso, la società è cambiata per cui siamo tutti meno definiti socialmente e se l’aspirazione massima è diventare una star del reality, allora son davvero 
Hard Times.