
Il sound red-dirt dà la netta sensazione di essere alla frutta, diciamo un po’ cotto, meglio l’immaginario infinito texano, sempre vivo sia che si parli di fuorilegge, di strada, di whiskey o di sentimenti legati alle  tradizioni del country. Regole che sin dal 2007 seguono i 
Dead Man’s Bluff, band dell’Oklahoma a cui si è disposti a dare volentieri un’ascolto, pronti a sbandierare vigore chitarristico mentre si muovono tra i compartimenti stagni dell’esistenza  della solida 
Wild Man. Tra vasi i comunicanti del texas rock -amante del whiskey e dell’effetto caldo da barroom- graffiano le corde di Jody Hyde nella intensa ballata di 
Never Satisfied, con Chris Mchahon bravo a capovolgere il sound radiofonico nel suo contrario, tra 
Better Luck e la armoniosa 
Oklahoma Blues, dove l’atmosfera rurale si mischia al metafisico come nelle tele di Edward Hopper. 
Come per il pittore americano anche in 
Dead Man’s Bluff tra la placida provincia si nasconde l’inquietudine, il germe che fa deflagrare il tutto, dalla muscolare bellezza di 
What You Did e la conclusiva 
The Line, o dopo un bicchiere di buon whiskey nella piacevole 
This Song, fino alle coinvolgenti 
Red Neck Beer Drinker e 
Came Down. La parabola del servo e della Morte solca il felice esordio dei 
Dead Man’s Bluff: puoi scappare a mille miglia di distanza, ma resti sempre lì, fisso nel tuo destino… che sia lungo lungo le strade musicali del Texas?