
“
It is time to decide what you will be; it is time to define yourself. Choose and move ahead accordingly”, ebbene il tanto celebrato cambiamento nelle parole dei 
The Only Sons trova in 
American Stranger nuovi congegni melodici quasi perfetti e una certa stravaganza antiromantica al country che aveva segnato i dischi precedenti (2008, 
Young Lungs e nel 2009, 
Steel Hearts), perché non è solo più musica per divertimento, si inizia a mettere sullo stesso piano chitarre e lirismo fin dall’apertura deliziosa di 
Cutting Corners. 
Un disco in cui si avverte una maggiore aderenza al peso della realtà per come cresce e si sviluppa nelle canzoni di 
American Stranger: “
Thematically, that struggle for self-definition permeates every track of the record. Each grapples with the powerfully influential forces that so define our pasts and presents —family, religion, love— and considers how we apply them to our uncertain futures. It is a fight we all fight; probably it never stops”, così chiusi in una chiesa utilizzata come studio di registrazione, eccoli ad assemblare senza troppo badare ai collegamenti tra alt. Country e rock, brani sciolti, liberi di creare da soli un senso da 
Put Up A Fight alle incantevoli 
Warning You e 
Just My Luck ora in strada, ora tra quattro mura, ora nel giardino dell’Eden come nella splendida rock ballad di 
Temptation o tra i diavoli della gagliarda 
The Devil Does. 
I 
The Only Sons guidano con mano ferma, percorrono sentieri già battuti ma lo fanno con rigore e stile sicuro, pura malinconia country in’altra ballatona ellettrica brillante come 
Standing Water e non si avverte mai il sospetto che la ricetta di 
American Stranger possa contenere zuccherini radiofonici, sentire la granitica 
Gone Down Swinging, l’armonica bluesy di 
Written Word ma anche 
Hurt Someone e 
Death Bed, rockacci country pepati e danzerini. Insomma tra le tante band che  ‘cercano’, i 
The Only Sons è una di quelle che molto semplicemente ‘trova’ canzoni e disco, che ha bersagli più alti come nella conclusiva 
More Like You, ma ha il merito di trattenersi di non spingersi troppo oltre. E va bene così.