 Aaron Watson
Aaron Watson continua a spostare il peso e il sapore del texas country sul versante indipendente al contrario di molti suoi colleghi piegati alle richieste del mercato figlio di Nashville, da 10 anni mischia honky tonk, violini e ficcanti telecaster senza rischiare di accartocciare i suoi dischi e ridurli ad un incarto dalla poca sostanza. 
The Road & The Rodeo segue lo spirito di questo countryman ruspante, si dà da fare sulla strada e nei rodei con mosse e balzi tra romanticherie strappacuori e sano country-rock che coniuga in un inizio interessante, un minuto breve ma intenso che dimostra fondamentalmente lo spirito che accompagna 
Aaron Watson da quel lontano 
A Texas Cafè: voce calda e squillante su versi schietti, sinceri in compagnia della sola chitarra: “
I don’t do it for the money, I can’t blame the fame”, tanto per ricordare alla gente il luogo dove spesso appoggiamo i nostri sogni o prendiamo decisioni importanti per la nostra vita. 
Anche quando utilizza le cover (un numero consistente ma su ben 15 brani) il messaggio fondamentalmente non cambia -sorprende solo la scelta di 
Walls, colonna sonora del film 
She’s The One realizzata da 
Tom Petty, piacevole come 
The Road -del songwriter texano Elliot Park- dove canta “
I’m not the reason, I’m just the Road”-, trovando il modo di  raccontarla quella vita ‘on the road’ da musicista tra bar e dancehalls, dove si dorme nel retro di camioncini, con pochi soldi in tasca ma con tanti sogni di gloria nella scoppiettante 
The Things You’ll Do. 
Riesce a togliersi di dosso la più temuta delle etichette, quella di una banalità radiofonica sfiorandola in 
Conflict e in 
Fast Cars and Slow Kisses, quest’ultima non rappresenta di certo la novità, ma una degna ‘
good old fashioned romance'. Dai clichè di 
Zero To Sixty scritta con 
Drew Womack vien fuori una bella canzone, country e honky tonks poi si sa, vanno a braccetto con le donne: scandaglia relazioni al miele in 
High Price Of Fame dedicando al gentil sesso anche la ballata a cuore aperto di 
Best For Last a ringraziare Dio di aver creato la donna che ama, la stessa ritenuta ironicamente pazza nella tosta e ruspante 
Bless Her Crazy Heart (stile alla Waylon Jennings), perché nonostante tutto continua ad amarlo (il contrario del peperino di 
Sweetheart Of the Rodeo, swing molto verace come 
Houston ma meno incisivi di honky tonk gagliardi alla 
Hollywood, anche per il modo in cui ne stronca superficialità e soldi). 
Splendida la chiusura, sempre sul tema della strada, con l’elettrica 
Drivin’ All Night Long di 
Bruce Robison e la ballatona di 
After the Rodeo di Don Rollins, “
The years are flying faster now / So tell me how eight seconds feels so slow / And I wonder where old cowboys go after the rodeo”. 
Le stelle vegliano sui destini dei cowboys catturati dalla vita di 
The Road & The Rodeo.