
L’aver tolto la polvere ai ricordi della primavera del 1995 utilizzati per incidere 
The Williamsburg Affair (collezione di brani provenienti da una sessione di 4 giorni a Williamsburg, Brooklyn, in compagnia di Eric ‘Roscoe’ Ambel -poi abbandonati per Nashville fondamentalmente per pagarsi l’affitto, “
the songwriting paid the rent”), quel disco ha rappresentato una ventata nuova di ispirazione per il songwriter 
Greg Trooper (“
Being a singer and being a songwriter kinda go hand in hand – you can’t have one without the other”) e sebbene gli alti e bassi del mercato indipendente, l’ha sempre spuntata consegnandoci ottimi dischi -dal 
Popular Demons (1998) a 
Straight Down Rain (2001), al periodo con la Sugar Hill di altri due dischi 
Floating (2003) e 
Make It Through This World (2005)- al ritorno a New York nel 2008, una scelta professionale precisa contro lo strapotere del music business per privilegiare la musica, quella suonata dal vivo con le sue fedeli chitarre acustiche. 
In 
Upside-Down Town gioca tra arguzie e verità (“
My songs aren’t nearly as autobiographical as they appear,” dice Trooper. “
But even if the incident that inspires a song didn’t happen to me, I try to inject a point of view that makes it personal. At the end of the day, that’s all we’re trying to do with music — to make a connection”, tira un filo che lo collega al passato e poi ci si avventura sopra in equilibristica e danzante libertà, dalla sensuale bellezza di 
Nobody In The Whole Wide World, con l’amorevole sincerità di 
Dreams Like This e della splendida ballata elettro-acustica di 
They Call Me Hank, ci si rende conto che è lo stile di 
Greg Trooper così come i prossimi dischi di Trooper saranno dei Trooper. In un’epoca dove la verità è considerata provocazione e dove il cinismo è l’unica forma di dolcezza possibile, di autentico sentimentalismo, allora beccatevi il rock dell’intensa 
Bulletproof Heart, misto roots in 
Time For Love e di ballads alla ‘trooper’: acustica in 
First True Love, elettrificate con dolcezza in 
Could Have Been You, al timbro rock di una perla come 
We've Still Got Time costruite sulle verticalità del tempo, di storie che tornano nei luoghi solcati in passato e ne misurano le discrepanze. 
A suon di countrylife in un finale dove si sottraggono punti di riferimento sicuri per cercare nuove coordinate di orientamento, il tocco ruspante prende piede in 
Might Be A Train, tra cavalli e il West arriva l’armonica nell’incantevole 
Second Wind, che serve a combattere la spirale negativa nella conclusiva 
Everything Will Be Just Fine trovando anche il guizzo della fisa in 
Just One Hand. 
Greg Trooper bazzicherà teatri di seconda mano, passa e ripassa tra le rovine di un mercato aggressivo, delle offerte spilorce delle etichette alternative poi fallite, ma resta a galla come dimostra 
Upside-Down Town perché nella musica contano la professionalità e la qualità delle canzoni.