
Le avvisaglie del nuovo disco di 
Scott Miller si erano avute questa estate con una demo intitolata 
Appalachian Refugee appositamente data alle stampe ai fan per una cifra irrisoria per poter finanziare il nuovo album di studio. Così dopo averne venduto 1000 copie si è prodigato parecchio per stampare e dare una forma accattivante al cd, ma alla fine quello che conta veramente è il suo contenuto. Non si è sforzato poi molto nel nuovo 
For Crying Out Loud dove ci sono tredici canzoni co-scritte con Doug Lancio (chitarrista e produttore) e tre cover: di Dallas Frezier, 
Touching Home, dei Taoist Cowboys con 
Wildcat Whistle e di Tom. T Hall, 
I can’t Dance e infine la partecipazione di Tim O’Brien ai cori e di Patty Griffin in 
I’m Right Here, My Love. 
Si inizia con 
Cheap ain't cheap (for crying out Loud) e sembra di riascoltare uno dei tanti brani caldi e senza pretese dell’ultimo periodo di Scott Miller, strumentazione variegata e una bella armonica per un brano fluido e comunque accattivante come il tocco bluesy usato a descrivere il viaggio di 
Sin in Indiana, attraverso il Midwest dall’infestata New Orleans che scarica i suoi peccati nel Mississippi river con la chitarra acustica che gioca intorno alla voce di Miller che si diverte parecchio con 
Iron gate, suoni strampalati che vanno a braccetto con la solarità di fondo. 
Scott non è intenzionato a roccare facile questa volta, ne è la riprova quando ci ficca una fisa e chiede aiuto a Patty Griffin per una ballatona strappacuori di un certo appeal ritornando al sound acustico-bluesy con una convincente 
Let you Down mentre lascia sempre qualche cosa per strada quando si intestardisce nel cavalcare l’onda del rock’n’roll, ma stavolta fa meno danni del solito, anche se sempliciotti sono godibili, da 
Heart in harms way o 
Claire Marie e soprattutto il calore di 
I Can’t dance (meno riuscito in una 
Wildcat whistle un po’ troppo anonima, ma funzionerebbe come singolo da colonna sonora). 
Quando le sonorità sono elettro-acustiche sfoggia l’anima da songwriter, la dolce 
She’s Still Mine impreziosita dall’armonica è un bel sentire, il tocco leggero che solca i due volti della strumentale 
Feel so Fair to Midland è splendido ad annunciare l’ipnotica e notturna 
Double indemnity. Uno 
Scott Miller meno casinaro e superficiale così 
For Crying Out Loud si attesta tra i dischi più interessante del suo passato più recente.