
Californiani di San Diego, questi ragazzi già avvezzi al music business per aver macinato negli anni note e chilometri con personaggi del calibro di Dwight Yoakam, Lucinda Williams e non solo, decidono di unire le loro forze e così Philip Bensimon, Rian Greene, Keith Haman e Clint Osborn danno corpo alla loro creatura, 
The Hideaways. 
The Whiskey Tango Sessions è il loro esordio, l'ennesimo da parte di una scena che sembra veramente inesauribile. 
Un album che pur collocandosi, ahimè, nella media con quanto sentito da non poco tempo a questa parte - in quanto nulla aggiunge e nulla toglie - ha dalla sua una selezione di brani che la dignità per farsi ascoltare ben più di una volta ce l'hanno eccome. Il blend classico di Americana funziona ancora una volta: 
Don't Try & Love Me viaggia sciolta come una decappottabile su una Highway della Southern California, deliziosa nel suo country rock melodico e solare, apripista perfetta che lascia il campo a rockabilly "rockin'n' twangin'" con spruzzate del Blasters sound meno acceso (
Since You Said Goodbye), discreti rock midtempo (
Society & Fear), ballate cantautorali più dirette (
Long Dark Road) od oblique (
If I Could I Find Away, dai ritmi più rallentati, percorsa da sottili venature elettriche), pop songs perfette per l'autoradio (
Stranger's Heart) e border ballads lambite da fisa e steel guitar (
El Centro Country Line). 
Un disco quindi piacevole nella sua varietà, con gli 
Hideaways che dimostrano di saper padroneggiare bene i diversi generi musicali, senz'altro più valido di tante opere posticce e raffazzonate da cui siamo bombardati.