
È il terzo album consecutivo che 
Steve Wynn registra coi 
Miracle 3 negli studi Wavelab di Tucson in Arizona. Sfruttando le buone impressioni destate dai precedenti lavori, il doppio cd 
Here Come The Miracles e 
Static Transmission rispettivamente del 2001 e 2003, Wynn insiste sulla stessa falsariga musicale e con il chitarrista Jason Victor, il bassista Dave DeCastro e la batterista Linda Pitmon realizza un disco di acido rock elettrico costruito su ballate e distorsioni. 
Lo stile è invariato, canzoni nel classico taglio Wynn con testi taglienti e noir (in particolare si segnala la collaborazione con lo scrittore 
George Pelecanos in 
Cindy, it Was Always You), fendenti rock evocativi di quel indie rock che fu dei Dream Syndicate e molto feedback atto a costruire una coreografia sonora acida e virulenta che a tratti ricorda quella dei Sonic Youth e a tratti quella dei Velvet Underground di Sister Ray. Rispetto ai due precedenti lavori c'è un generale indurimento dei suoni anche se le ballate non mancano e confermano la buona vena dell'autore. 
Tra queste brillano la notturna 
Your Secret con echi, rumori e distorsioni che inscenano una sensazione di insidia e pericolo, 
No Tomorrow con un acidissimo assolo di chitarra e una violenta parentesi elettrica dopo un inizio quasi acustico, la lunga e pianistica 
The Deee End anch'essa lenta e malata ma svegliata da un assolo torcibudella e soprattutto 
Freak Star, una melodia coinvolgente dalle aperture cosmiche supportata dal buon lavoro di Linda Pitmon con l'organo. Uno dei pezzi migliori dell'album con le strade scure e la paura di 
Cindy, It Was Always You che, pur segnato da una chitarra cruda, non ricorre troppo al feedback e alle distorsioni. 
Cosa che invece succede nei brani di taglio più underground, come la dura 
Killing Me che ricorda le cose più veementi dei Dream Syndicate quali 
John Coltrane's Stereo Blues o l'
Amphetamine di 
Static Transmission, un brano teso e nevrotico il cui malsano rumore offre l'ambiente adatto all'assassinio di cui sta cantando. Oppure l'iniziale 
Wired con la voce filtrata a creare una situazione fredda e artificiale e anche 
Turning Of The Tide e 
Wild Mercury. 
Prodotto come i due dischi precedenti da Wynn con Craig Schumacher, 
…tick…tick…tick sembra troppo uguale agli altri due per poter veramente essere consigliato a tutti e non solo ai fan di 
Steve Wynn, un artista che merita rispetto per la caparbietà con cui ancora propone questo rock underground chitarristico dalle tematiche noir che ci ricorda la grandezza dei Velvet Underground.