
Il disco di una vita, gli amici di sempre: 
Johnny Hickman non è certamente un nome che potrà destare grandi attenzioni, eppure è stato ed è tuttora l'anima tradizionale e un po' defilata dei 
Cracker, in coppia con 
David Lowery, protagonista di una delle rock'n'roll band più intelligenti e sottovalutate degli ultimi vent'anni. Non bastasse questa carta d'identità musicale, Hickman resta comunque un signor chitarrista, uno dei pochi in grado di cambiare l'armonia di una canzone con la sua Gibson, ed un autore mai troppo sfruttato. Dentro i Cracker si affacciava di rado in veste solista, anche se quei momenti erano tutt'altro che secondari. Oggi 
Palmhenge è il miglior biglietto da visita che potesse offrire, per presentare le sue mature capacità di songwriting. 
C'è esperienza, profondità, coinvolgimento in questo lavoro, preparato con dovizia di mezzi, energie colte da ogni musicista conosciuto per strada: ci sono gli ex compagni d'avventura 
David Immergluck (pedal steel, chitarre) e 
Davey Faragher (cori), ed una bella serie di partner alla sei corde tra cui Bo Ramsey e Teddy Morgan, e poi ancora Joey Burns dei Calexico al basso, Ken Coomer alle percussioni e Chris Carmicael al violino. 
Nessuno toglie spazio alla personalità di Hickman, che spadroneggia senza strafare con la solista e costruisce piuttosto ballate rotonde, canzoni adulte ed un sobbalzare dolce tra country, rock di frontiera e sfuriate elettriche (una 
Harvest Queen da stordimento, che sembra uscire dal songbook dei Pearl Jam). Costruito intorno ai propri ricordi, alla terra della California, ai suoi cambiamenti repentini fin nei suoi simboli più evidenti, la palme, un "momunento" che con la fantasia si trasforma da Stonehenge in, appunto, 
Palmhenge, il disco è un atto d'amore per quel rock mainstream dal profumo di radici che in pochi oggi sanno ancora rendere così arioso e melodico. 
Per questo ci sono Tom Petty e John Mellencamp a fare da musa: bastano le chitarre assassine del singolo 
The Great Decline e di 
Hacker Boy, oppure il pop rock senza sbavature di 
Lucky e 
Little Queen Bee. Meno eccentrico dei Cracker, il rock'n'roll di 
Johnny Hickman ritrova la via della tradizione, peraltro mai smarrita, prendendo a prestito le migliori conquiste fatte in dischi come 
Kerosene Hat o 
Gentlemen Blues. 
Il delizioso roots rock di 
Southern Cal, con armonica e banjo, la tensione acustica dell'affascinante 
Little Tom, bilanciata dalle più classiche 
San Bernardino Boy, rustico country che ben si accoppia con 
Friends, roba da Johnny Cash fino alla chiusura corale della dolciastra 
Beauregarde's Retreat, ballata gioiosa che culla sulle colline della California. Anche se la perfezione si tocca con mano nel country virato al southern soul di 
Father Winter. Piccolo grande disco.