
È grazie ad 
Angelina Jolie, una che alle grazie naturali ci ha aggiunto anche qualche idea tutta sua, che 
John Trudell riesce a dare un seguito a 
Blue Indians. È proprio lei (evidentemente il rock'n'roll è di casa, con 
Billy Bob Thornton) a necessario perché 
Bone Days veda finalmente la luce. Cifra più, cifra meno, a lei non cambierà nulla, ma per 
John Trudell, per i 
Bad Dog e per chi li ha sempre seguiti, 
Bone Days è una grande conquista. L'intenzione iniziale e primaria di 
John Trudell (mischiare il rock'n'roll con i suoni tradizionali nativi) trova qui una sintesi in qualche modo definitiva, perché 
Bone Days non è solo un disco magnifico, ma il suo miglior lavoro di sempre. 
Molto si deve al grande sforzo collettivo, ovvero all'apporto dei 
Bad Dog che in 
Bone Days non si limitano a suonare (benissimo, tra l'altro) le chitarre le tastiere o le percussioni, ma assecondano la voce narrante di 
John Trudell e i canti nativi dell'immancabile e insostituibile 
Quiltman. Un gruppo consolidato da anni di pratica dal vivo ed anche da una consolidata frequentazione che in 
Bone Days sembra trovare la quintessenza della propria musica e una sua voce propria. Infatti, mai prima d'ora, un disco di 
John Trudell era risultato così variegato e colorito, tanto che a tratti la sua voce sembra davvero quella di un cantante, cosa che proprio non è mai stato. A sorpresa saltano fuori veri e propri numeri soulful come 
Ever Get The Blues o 
Doesn't Hurt Anymore, quest'ultima tanto languida da sembrare una ballata di John Hiatt, con gli strumenti (finalmente) allo stesso livello della voce. 
Ciò non toglie niente ai versi durissimi e attuali e sempre polemici (per fortuna) di 
John Trudell che alza il tiro fin dall'inizio, con 
Crazy Horse. Suggestiva e ipnotica, con la voce di 
Quiltman ispiratissima, le tastiere in sottofondo e le chitarre che rumoreggiano in sottofondo, taglia l'aria ad un mondo che ha deciso di vendere tutto, senza averne diritto, e non ci vuole molto ad essere in sintonia con le parole di 
John Trudell. Dall'altra parte, altrettanto dura e simbolica, 
Hanging From The Cross, con chitarre acidissime e urlanti a dividersi lo spazio con background vocals femminili, chiude 
Bone Days, un album che in comune con l'attuale industria discografica e relativo stardom System ha soltanto il compact disc su cui è inciso. 
Perché sa essere dolcissimo nei suoni (
Other Close Times è una grande ballata e il fatto che 
John Trudell la reciti invece di cantarla, non cambia nulla), rarefatto e raffinato negli arrangiamenti (per essere magica ad 
Undercurrent bastano una fisarmonica ed una voce femminile), quanto duro, coerente, lineare, compatto nelle parole e nella voce di 
John Trudell. 
Un disco eccezionale, in tutti i sensi.