 Cabretta
Cabretta si apre come se 
Mink De Ville stesse interpretando 
Here Comes The Night dei Them. Stesso lirismo, stesso blue-eyed-soul anche se la skyline non è quella di Belfast ma quella dell'Alphabet City di New York e la venere della strada è una truccatissima battona portoricana che manda in giuggiole i ganzi dell'isolato. La New York del '77 non è la medesima di oggi. 
Più difficile viverci, più difficile camminarci, le bande controllano il territorio, easy money fa rima con serramanico, l'amore è un optional in una storia di sopravvivenza, la roba sta mandando in pappa i cervelli di chi vive out in the streets. Willy De Ville canta la boheme della 
Lower East Side, un quartiere che adesso sta subendo la 
gentrification (i vecchi negozi e la popolazione originaria viene sostituita grazie ad affitti da capogiro da boutique e atelier) ma allora era un girone dell'inferno. 
Cabretta nasce nella Losiada anche se viene presentato da un'ottusa promozione discografica come emergente punk. 
Willy De Ville è punk solo perché frequenta i piani bassi del rock, a cominciare dall'angusto e buio locale sulla Bowery di Hilly Kristal ma in realtà è un soul singer fuori tempo massimo che sublima la rabbia urbana con un rhythm and blues livido e romantico. 
Con lui sono quattro ceffi da streetcorner (Ruben Siquenza, Bobby Leonards, T.R Allen Jr, Louis X Erlanger) e soprattutto un genio chiamato 
Jack Nitzsche, "filosofo" del Wall Of Sound che produce il disco come se fosse ancora alla corte di 
Phil Spector. 
Cabretta è solo un debutto ma è già un capolavoro. 
Per convincervi ritornate a sentire 
Mixed Up Shook Up Girl, ovvero come reincarnare i 
Drifters in una canzone sola, 
Cadillac Walk, un boogie tanto minimo quanto classico, scritto dal rocker texano 
Moon Martin, 
She's So Tough ovvero Rolling Stones in salsa newyorkaise e soprattutto 
Spanish Stroll, l'unica vera 
Sweet Jane della parte portoricana della città, antesignana di tutte le complicità ispaniche del rock.