BEN HARPER AND CHARLIE MUSSELWHITE (No Mercy in This Land )
 di Rino 'Pili' Colangelo Iacovella



             

  

  Recensione del  07/04/2018


    

Con No Mercy In This Land siamo sempre più immersi in un blues che brilla di suoni dal quale non si può fuggire, in uno spazio continuo, ben definito dalla voce e dalla chitarra di Ben Harper e allo stesso tempo invadente con l’armonica del 74enne Charlie Musselwhite.
Dopo l’ottimo esordio del 2013 di Get Up!, tornano insieme a raccontare stati d’animo personali in tempi difficili ma anche con un accurata disamina sull’uomo e su quello che si merita (ad esempio, un Trump come presidente), l’inizio con When I Go non può che essere torbido ma seducente, la chitarra inizia a scavare come l’armonica, scorre sottoterra come un fiume carsico e improvvisamente riaffora, delineano il fascino anche di Bad Habits, mentre il paesaggio che avvolge la splendida Love and Trust arriva dal profondo Mississippi, ancorché corrotto dall’“umana hybris” possiede un linguaggio melodico universale non meno persuasivo di quello verbale. È dunque nelle sue viscere che faremo ritorno?
Blues e rock scorrono come ‘senza guida’ nella robusta The Bottle Wins Again (Blues), autorevoli grazie a una graffiante chitarra elettrica e alla spontaneità e naturalezza data soprattutto dall’armonica di Musselwhite e così tutto s’intreccia in No Mercy In This Land: passato, presente e futuro del blues, e insieme si condensano in Found the One e sono come imprigionati.
Quasi manca ossigeno ma non si va in apnea, ecco un terzetto di ballate dove sale l’emozione, ingrediente-chiave del senso della necessità, dove è il frammento che conta, l’attimo in cui si coglie l’essenza tra il pianoforte, la chitarra e la voce di Ben Harper che elevano When Love Is Not Enough, l'amore come il tempo del blues non ha un andamento univoco e stabile: dipende da come riusciamo a percepirlo, a viverlo.
Ecco allora che si dilata, si prende lo spazio e la durata necessaria in Trust You to Dig My Grave, nella conclusiva Nothing at All e colpisce in No Mercy in This Land e negli ultimi sussulti di Movin' On, con uno sguardo preciso e incombente, imprevedibile e mai domo di febbrile partecipazione agli sbalzi umorali dell’armonica che si accompagna con evidente sovraccarico al prezioso lavoro di Ben Harper.
I suoni di No Mercy in This Land sono come macchie: li percepiamo immediatamente, ci toccano, ci sporcano, attecchiscono su di noi e lasciano una traccia che continua ad agire nel nostro inconscio.