Tracks è rutilante, al trio degli
Hundred Seventy Split va tutto liscio, un corposo blues/rock impermeabile come l’asfalto che macinano serata dopo serata, e da
It's Coming Back Around e
The Game traspare che la superficie di Tracks è bella ruvida e aspra.
Brani che scivolano piacevolmente e slittano sotto lo sguardo della chitarra di Joe Gooch, quel che basta per proiettarle verso la lontananza, verso l’orizzonte del rock,
I Grew up on Muddy Waters dà l’idea che la forma pensata dagli Hundred Seventy Split è sempre una forma viva, capace di generare continuamente visioni ulteriori (
Lonely e nel lungo solo chitarristico di
Gravedigger).
L’unione di due forme, rock e blues, dà vita a Tracks che esiste nel momento in cui viene suonato, un po’ come accadeva nel passato coi Ten Years After: montagne di riffs e il loro riflesso ricade sulla superficie delle potenti
Looking for a Sign e
The Final Curtain, e apre specchi d’acqua che rendono visibili le forme del blues in
She's Got the Mojo.
La bellezza della conclusiva
You Can't Drink It potrebbe spingere qualche nostalgico ascoltatore a scavare nel cassetto di gioventù.
Ma invece di cercare lettere d’amore a cui non potrete più rispondere, accendete lo stereo.